Demolizione e ricostruzione con accorpamenti o frazionamenti delle volumetrie
Il tema della "demolizione e ricostruzione" di edifici e immobili in Italia è delicato e importante. Spesso tali interventi devono essere eseguiti a causa della vetustà dell'edificio, della necessità di adeguarsi a nuovi requisiti e normative e dell'esigenza di sfruttare meglio il patrimonio immobiliare.
Il tema della "demolizione e ricostruzione" di edifici e immobili in Italia è delicato e importante. Spesso tali interventi devono essere eseguiti a causa della vetustà dell'edificio, della necessità di adeguarsi a nuovi requisiti e normative e dell'esigenza di sfruttare meglio il patrimonio immobiliare.
È noto che il decreto 76/2020 (decreto semplificazioni) ha innovato in modo specifico l'articolo 3, comma 1, del DPR 380/2001.
Un aspetto da considerare è la possibilità di "allargare" i confini della ristrutturazione edilizia attraverso la demolizione e ricostruzione, nell'ipotesi di costruzione di più edifici o, al contrario, di demolizione di più edifici e loro accorpamento in uno solo.
L'articolo 3.1.d) del DPR 380/2001, come modificato dal D.L. 76/2020, recita:
'Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche (…)'
In precedenza, lo stesso prevedeva quanto segue:
'Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente'.
Quindi, salta subito all'occhio che questa versione è volta a facilitare il processo di rinnovamento urbano estendendo il "campo di applicazione" della ristrutturazione edilizia attraverso la demolizione e la ricostruzione.
Naturalmente, vogliamo rispondere alla domanda.
"È possibile ristrutturare un edificio per 'sostituire un edificio' che dà origine a un edificio o a una struttura da un edificio o da una struttura esistente?".
In astratto, possiamo risalire all'articolo 3, comma 1, frase d del DPR 380/2001, che si riferisce alla possibilità di modificare la sagoma esterna, la superficie, la planimetria e le caratteristiche tipologiche di un edificio esistente.
Esaminando il significato della formulazione di questo articolo, per "caratteristiche planivolumetriche" si intende l'ipotesi di "divisione e accorpamento" del cubo esistente, unita ai parametri di modifica della superficie e delle caratteristiche tipologiche.
Ciò suggerisce, in effetti, che la ridistribuzione delle cubature su un sito non comporta l'invasione della categoria di intervento della ristrutturazione edilizia, senza impedire la validazione da parte di efficaci norme urbanistiche sulla regolamentazione delle distanze.
Attualmente non esistono pronunce giurisdizionali specifiche su tali interventi, ma esistono alcuni pareri:
Parere 29/12/2021 del Servizio Giuridico del Territorio della Regione Emilia Romagna il quale rileva che: “si ricade in ristrutturazione edilizia ogni qualvolta sia prevista la completa demolizione di uno o più edifici esistenti nello stesso lotto, con successiva ricostruzione sul medesimo lotto o di un unico edificio (nel caso di accorpamenti) o di più edifici (nel caso di frazionamento)” e quindi assoggettato a SCIA ex artt. 3, comma 1, lett. d e 22, comma 1, lett. c del DPR 380/2001. Tale ipotesi fa eccezione in una “ristrutturazione urbanistica” quando l’intervento “comporti effetti che esulino dal campo meramente edilizio della demolizione e ricostruzione di uno o più edifici (sia pure con le innovazioni introdotte dal D.L. n. 76/2020) e, dunque, un diverso assetto del territorio dovuto, ad esempio, al frazionamento del lotto originario di intervento, alla definizione di differenti indici di edificabilità per ciascun lotto, alla realizzazione o rifacimento di dotazioni territoriali, di tratti di infrastrutture per la mobilità, di parcheggi, di reti e servizi pubblici, ecc…” così come anche lo spostamento di volumetrie da un lotto ad un altro.
D'altra parte, secondo il parere espresso dal Dipartimento di Pianificazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma, la demolizione e ricostruzione costituisce in ogni caso nuova costruzione ai sensi dell'articolo 3, comma 1, frase e del DPR 380/2001. Tuttavia, questo parere espresso dal Comune di Roma non è convincente.
Il Comune di Roma è giunto a questa conclusione a seguito di una sentenza del 10 gennaio 2020 della Corte di Cassazione penale (n. 23010). Tale sentenza stabiliva che, in assenza di permesso di costruire, non è possibile demolire un edificio e costruirne uno nuovo con una volumetria pari alla somma degli edifici demoliti. Tuttavia, questa sentenza è stata superata dal successivo Decreto 76/2020 (Decreto di semplificazione).
Inoltre, nel riconoscere le misure di mitigazione previste per la demolizione e la ricostruzione (confermate, tra l'altro, anche nella Circolare interministeriale del dicembre 2020), il Dipartimento Programmazione e Attuazione Urbanistica del Comune di Roma interpreta nuovamente in modo errato l'articolo 2bis, comma 1, del DPR 380/2001.
La sentenza della Corte di Cassazione Penale n. 1669 del 18/01/2023 verifica che un progetto di demolizione e ricostruzione in un'area "agricola" prevedeva il frazionamento del terreno in più aree e la costruzione di edifici su ogni "nuovo lotto", il tutto con SCIA per la ristrutturazione degli edifici. Ovviamente, in questo caso, è evidente che si tratta di una "assegnazione non autorizzata". Quanto sopra è quanto riportato nel parere dell'Ufficio legale del territorio dell'Emilia Romagna.
In conclusione, il "nuovo" testo dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del DPR 380/2001 chiarisce molto bene che la ristrutturazione di un edificio può comprendere anche interventi "complessi" di ridistribuzione delle cubature esistenti mediante soluzioni planivolumetriche diverse da quelle dell'edificio o edifici esistenti.